A godere di stipendi da nababbo e privilegi dorati non sono solo i parlamentari, ministri, sottosegretari, presidenti di regione e provincia, sindaci, ma anche i massimi vertici del sistema giudiziario italiano fra cui spiccano i giudici della Corte Costituzionale che per poche ore di "lavoro" alla settimana incassano stipendi da capogiro e maturano privilegi a dir poco scandalosi.
Cominciamo dallo stipendio: ognuno dei 15 membri togati che compongono il collegio dell'Alta corte percepisce 416 mila euro lordi all'anno. Una cifra che un operaio non riesce a guadagnare nemmeno in 20 anni di lavoro. Mentre per gli emeriti della Consulta si tratta solo, si fa per dire, di una specie di anticipo percepito a titolo di "aspetttiva" in attesa di sedersi prima o poi nella vera poltrona dorata costituita dalla presidenza del Collegio. In quel caso allo stipendio base viene immediatamente aggiunta una "indennità di rappresentanza per il presidente" pari a un quinto che lo fa balzare a 500mila euro. Il tutto è però accompagnato anche da una interminabile sfilza di privilegi a cominciare da una maxi liquidazione e soprattutto una super pensione che verranno calcolate sulla base dell'ultimo stipendio percepito moltiplicato il numero di anni di lavoro anche se svolti come magistrato e professore universitario e anche se l'incarico alla presidenza della Consulta dura solo pochi mesi. Come è capitato ad esempio a Gustavo Zagrebelsky, giudice dal settembre del 1995 e presidente della Consulta dal 28 gennaio al 13 settembre 2004. Ricongiungendo gli anni della carriera universitaria come professore ordinario con i nove della Corte, alla fine ha accumulato 38 anni di anzianità lavorativa, una liquidazione di 907mila euro lordi (al netto 635mila) e una pensione di 21.332 euro lordi al mese (12.267 netti).
Ogni giudice, oltre ai 416mila euro di stipendio, ha diritto a una segreteria di tre persone oltre a tre assistenti di studio, in gran parte affermati professori universitari o magistrati esperti di diritto incaricati di allestire i fascicoli o delle ricerche d'archivio, che, oltre allo stipendio che continuano a percepire dall'amministrazione di provenienza, riscuotono un'indennità di 33mila 690 euro all'anno. Ma oltre allo staff, il giudice può contare sull'alloggio (2-3 stanze con bagno e angolo cottura) al quinto piano del palazzo della Consulta o nel vicino palazzo di via della Cordonata. E poi carta di libera circolazione sulle ferrovie, rimborso dei viaggi aerei e dei taxi, una tessera Viacard e un telepass per circolare in autostrada. E poi cellulare, computer, telefax e telefono gratis anche nell'abitazione privata. Ha diritto a tutti gli spostamenti con l'auto di servizio e due autisti sempre a disposizione. Privilegi che in gran parte vengono conservati anche dopo il pensionamento, vita natural durante.
Il meccanismo è molto semplice e ben collaudato. Infatti una volta nominato giudice della Consulta, non rimane altro che aspettare il proprio turno di presidenza per fare il "gran botto". Prima di raggiungere il limite di età, ogni giudice che approda alla Consulta ha circa nove anni di tempo per essere nominato presidente; e, a giudicare dal ritmo con cui si susseguono i presidenti dell'Alta corte è scontato che prima o poi per tutti i 15 membri arrivi la tanto agognata poltrona dorata.
La "promozione" a presidente infatti non avviene per particolari meriti. Ma solo ed esclusivamente sulla base dell'anzianità anagrafica. Ecco perché il presidente della Consulta rimane in carica solo poche settimane, qualche mese o un anno al massimo; giusto il tempo per maturare gli ambitissimi privilegi e poi lascia il posto al collega che lo segue.
Ad esempio si prenda l'incarico dell'ultimo presidente, il professor Giovanni Maria Flick, che è durato solo tre mesi, dal 14 novembre 2008 all'11 febbraio 2009, novantadue giorni, per l'esattezza, dai quali vanno sottratti tutte le festività di fine anno. E senza dimenticare che i giudici della Consulta lavorano una settimana sì e una no. Iniziano il lunedì pomeriggio con la camera di consiglio, il martedì c'è l'udienza pubblica, mercoledì discussione di qualche causa e scrittura delle sentenze. Giovedì alle 13 tutti a casa. Poi c'è la settimana "libera" e quindi il ritorno al lavoro nella settimana successiva. Considerando tutto ciò risulta che il professor Flick ha presieduto la sua prima udienza il 18 novembre. Mercoledì 17 dicembre l'ultima camera di consiglio prima di natale. Poi vacanza fino al 13 gennaio. Nemmeno un altro mesetto (udienza l'11 febbraio) e arriva la pensione. I mesi effettivi, dunque, non sono nemmeno due ma, valgono più dell'oro colato.
Allo stesso modo si sono comportati Giuliano Vassalli: in carica dall'11 novembre del 1999 al 13 febbraio del 2000. Appena tre mesi, giusto il tempo di fare le vacanze di natale e il capodanno prima di traslocare e passare all'incasso. Tre anche i mesi di Giovanni Conso e appena quattro quelli di Valerio Onida, sei quelli di Antonio Baldassarre. Con il risultato che a tutt'oggi oltre a una schiera di ex giudici, coi soldi rubati al popolo, lo Stato assicura una vecchiaia dorata a ben sedici presidenti emeriti. Con tanto di autisti e assegni mensili da favola.
Romano Vaccarella, ad esempio, ricongiungendo gli anni di università con quelli alla Consulta, può riscuotere 25.097 euro lordi mensili di pensione (pari a 14.288 netti).
Insomma, mentre milioni di lavoratori, pensionati, cassintegrati e disoccupati sono costretti a sbarcare il lunario rinunciando sempre più spesso anche a beni di prima necessità; la corruzione, il ladrocinio e il malcostume ai danni delle masse lavoratrici e popolari regnano nei piani alti del palazzo e di tutte le istituzioni rappresentative borghesi a tutti i livelli.
15 luglio 2009
domenica 11 ottobre 2009
mercoledì 1 aprile 2009
Lettera del capo indiano Seattle al presidente Usa Franklin Pierce
Nel 1854 il "Grande Bianco" di Washington (il presidente degli Stati Uniti) si offri' di acquistare una parte del territorio indiano e promise di istituirvi una "riserva" per il popolo indiano. Ecco la risposta del "capo Seattle", considerata ancora oggi la piu' bella, la piu' profonda dichiarazione mai fatta sull'ambiente.14 settembre 2003 - capo indiano Seattle"Come potete acquistare o vendere il cielo, il calore della terra? L'idea ci sembra strana. Se noi non possediamo la freschezza dell'aria, lo scintillio dell'acqua sotto il sole come e' che voi potete acquistarli? Ogni parco di questa terra e' sacro per il mio popolo. Ogni lucente ago di pino, ogni riva sabbiosa, ogni lembo di bruma dei boschi ombrosi, ogni radura ogni ronzio di insetti e' sacro nel ricordo e nell'esperienza del mio popolo. La linfa che cola negli alberi porta con se' il ricordo dell'uomo rosso. Noi siamo una parte della terra, e la terra fa parte di noi. I fiori profumati sono i nostri fratelli, il cavallo, la grande aquila sono i nostri fratelli, la cresta rocciosa, il verde dei prati, il calore dei pony e l'uomo appartengono tutti alla stessa famiglia. Quest'acqua scintillante che scorre nei torrenti e nei fiumi non e' solamente acqua, per noi e' qualcosa di immensamente significativo: e' il sangue dei nostri padri. I fiumi sono nostri fratelli, ci dissetano quando abbiamo sete. I fiumi sostengono le nostre canoe, sfamano i nostri figli. Se vi vendiamo le nostre terre, voi dovrete ricordarvi, e insegnarlo ai vostri figli, che i fiumi sono i nostri e i vostri fratelli e dovrete dimostrare per fiumi lo stesso affetto che dimostrerete ad un fratello. Sappiamo che l'uomo bianco non comprende i nostri costumi. Per lui una parte di terra e' uguale all'altra, perche' e' come uno straniero che arriva di notte e alloggia nel posto che piu' gli conviene. La terra non e' suo fratello, anzi e' suo nemico e quando l'ha conquistata va oltre, piu' lontano. Tratta sua madre, la terra, e suo fratello, il cielo, come se fossero semplicemente delle cose da acquistare, prendere e vendere come si fa con i montoni o con le pietre preziose. Il suo appetito divorera' tutta la terra e a lui non restera' che il deserto. Non esiste un posto accessibile nelle citta' dell'uomo bianco. Non esiste un posto per vedere le foglie e i fiori sbocciare in primavera, o ascoltare il fruscio delle ali di un insetto. Ma forse e' perche' io sono un selvaggio e non posso capire. Il baccano sembra insultare le orecchie. E quale interesse puo' avere l'uomo a vivere senza ascoltare il rumore delle capre che succhiano l'erba o il chiacchierio delle rane, la notte, attorno ad uno stagno? Io sono un uomo rosso e non capisco. L'indiano preferisce il dolce suono del vento che slanciandosi come una freccia accarezza la faccia dello stagno, e preferisce l'odore del vento bagnato dalla pioggia mattutina, o profumato dal pino pieno di pigne. L'aria e' preziosa per l'uomo rosso, giacche' tutte le cose respirano con la stessa aria: le bestie, gli alberi, gli uomini tutti respirano la stesa aria. L'uomo bianco non sembra far caso all'aria che respira. Come un uomo che impiega parecchi giorni a morire resta insensibile alle punture. Ma se noi vendiamo le nostre terre, voi dovrete ricordare che l'aria per noi e' preziosa, che l'aria divide il suo spirito con tutti quelli che fa vivere. Il vento che ha dato il primo alito al Nostro Grande Padre e' lo stesso che ha raccolto il suo ultimo respiro. E se noi vi vendiamo le nostre terre voi dovrete guardarle in modo diverso, tenerle per sacre e considerarle un posto in cui anche l'uomo bianco possa andare a gustare il vento reso dolce dai fiori del prato. Considereremo l'offerta di acquistare le nostre terre. Ma se decidiamo di accettare la proposta io porro' una condizione: l'uomo bianco dovra' rispettare le bestie che vivono su questa terra come se fossero suoi fratelli. Che cos'e' l'uomo senza le bestie? Se tutte le bestie sparissero, l'uomo morirebbe di una grande solitudine nello spirito. Poiche' cio' che accade alle bestie prima o poi accade anche all' uomo. Tutte le cose sono legate tra loro. Dovrete insegnare ai vostri figli che il suolo che essi calpestano e' fatto dalle ceneri dei nostri padri. Affinche' i vostri figli rispettino questa terra, dite loro che essa e' arricchita dalle vite della nostra gente. Insegnate ai vostri figli quello che noi abbiamo insegnato ai nostri: la terra e' la madre di tutti noi. Tutto cio' che di buono arriva dalla terra arriva anche ai figli della terra. Se gli uomini sputano sulla terra, sputano su se stessi. Noi almeno sappiamo questo: la terra non appartiene all'uomo, bensi' e' l'uomo che appartiene alla terra. Questo noi lo sappiamo. Tutte le cose sono legate fra loro come il sangue che unisce i membri della stessa famiglia. Tutte le cose sono legate fra loro. Tutto cio' che si fa per la terra lo si fa per i suoi figli. Non e' l'uomo che ha tessuto le trame della vita: egli ne e' soltanto un filo. Tutto cio' che egli fa alla trama lo fa a se stesso. C'e' una cosa che noi sappiamo e che forse l'uomo bianco scoprira' presto: il nostro Dio e' lo stesso vostro Dio. Voi forse pensate che adesso lo possedete come volete possedere le nostre terre ma non lo potete. Egli e' il Dio dell'uomo e la sua pieta' e' uguale per tutti: tanto per l'uomo bianco quanto per l'uomo rosso. Questa terra per lui e' preziosa. Dov'e' finito il bosco? E' scomparso. Dov'e' finita l'aquila? E' scomparsa. E' la fine della vita e l'inizio della sopravvivenza".
Iscriviti a:
Post (Atom)